Cosa è il bullismo
Il bullismo, come termine, deriva dall’inglese “Bulling” e
descrive la condizione di sofferenza, svalutazione ed
emarginazione che vive un bambino o un adolescente ad opera
di un suo compagno.
Il bullismo è una forma di
prepotenza ricorrente e continuativa in cui un ragazzo
subisce forme di persecuzione e prova forte angoscia e
svalutazione. La vittima vive un forte senso di impotenza
per il fatto di non sapersi o potersi difendere e sperimenta
un pesante vissuto di emarginazione dal gruppo dei compagni.
I comportamenti di bullismo si manifestano soprattutto
durante la preadolescenza e e l'adolescenza e colpiscono
maschi e femmine indistintamente.
Alcuni lo considerano
una sorta di mobbing che avverrebbe però tra i banchi di
scuola.
Lo studioso norvegese Olweus fu uno dei primi ad
occuparsi di questo fenomeno e lo definì in questo modo: "Uno
studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è
prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto,
ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive
messe in atto da parte di uno o di più compagni”.
Il bullismo può essere inserito nella più ampia
categoria dei disturbi della condotta, con cui condivide
l'assunto di base per cui le regole e/o i diritti degli
altri vengono violati nei modi più disparati.
Le forme di bullismo
Parliamo di bullismo diretto quando gli attacchi nei
confronti della vittima sono aperti e ben visibili, molto
spesso ostentati
davanti
ai coetanei; possono essere verbali, come nel caso della
presa in giro, delle minacce e delle umiliazioni, o fisici,
come spintoni, calci e pugni, come pure prevaricazioni sugli
oggetti personali della vittima ( estorti o danneggiati).
Si tratta invece di bullismo indiretto quando gli attacchi
sono nascosti, come accade ad esempio nel caso del
pettegolezzo, della calunnia a discapito di un compagno e
colpiscono la vittima indirettamente. L’obbiettivo, in
questo caso, è quello di isolare ed escludere.
Esiste una
tendenza maschile ad utilizzare prevalentemente la forma
diretta ed una femminile verso l’aggressività indiretta,
anche se negli ultimi anni si sente sempre più parlare di
violenza di gruppo al femminile contro le coetanee che hanno
più successo a scuola o sentimentalmente e per questo
suscitano l'invidia delle compagne oppure aggressioni alle
ragazze con handicap o più isolate.
I ruoli nel bullismo
In questo gioco di potere esistono due figure principali:
il “bullo”:
protagonista attivo di aggressioni e prevaricazioni, cerca
di dominare i più deboli con la violenza e la prepotenza.
Maltratta i compagni fisicamente e verbalmente per porli in
uno stato di soggezione nei suoi confronti.
la
vittima:
che subisce i soprusi e le prevaricazioni. Tali
comportamenti hanno delle ripercussioni psicologiche
profonde, questi ragazzi si sentono esposti ed isolati dal
gruppo, perdono fiducia in sé stessi, non trovano il
coraggio di denunciare l’accaduto per paura o per vergogna.
È possibile che chi subisce queste condotte sia portato
ad allontanarsi dal contesto scolastico arrivando a
lamentare anche sintomi fisici come mal di testa frequente,
mal di pancia , attacchi di diarrea o attacchi d’ansia pur
di evitare la situazione in cui subisce prepotenze. Nei casi
più gravi, si possono presentare importanti sintomatologie
reattive come per esempio la fobia scolastica, la fobia
sociale e la depressione.
Bullismo individuale o di gruppo
Bullo e vittima sono posti in una forte asimmetria di
potere: la vittima non fa nulla apparentemente per provocare
l’aggressore ma il comportamento si ripete nel tempo.
I
due ruoli, oltre che da singole persone, possono essere
incarnati anche da gruppi.
Capita infatti spesso che sia
un gruppetto di adolescenti ad infastidire un singolo
individuo, ma può succedere anche che il ruolo della vittima
sia impersonato da più ragazzi. Quando si presenta il
fenomeno del bullismo di gruppo, le conseguenze delle azioni
del branco possono essere incontrollate e attentare
seriamente alla salute psico-fisica della vittima o delle
vittime, come purtroppo denunciano molti fatti di cronaca.
Il bullo mette in atto determinate condotte in quanto si
sente autorizzato dal contesto che, più o meno
volontariamente, lo copre e, in alcuni casi, lo sostiene
attraverso un insieme di meccanismi sotterranei e spesso
poco consapevoli.
espiatorio o semplicemente per il
piacere di essere rispettati e temuti: in questi casi si
innescano meccanismi di aggregazione pericolosi perché,
oltre a favorire comportamenti devianti in un numero
maggiore di ragazzi, rischiano di sfociare nella creazione
di un vero e proprio branco, inconsulto e pericoloso.
Capita frequentemente che entrino in questi gruppi anche
quei ragazzi che, all’apparenza, sembravano insospettabili
ma che, gradualmente, si lasciano inglobare come gregari in
questi micro-sistemi di bulli.
Riguardo al mondo degli
adulti, la vittima ha un’ aspettativa di indifferenza e
nella maggior parte dei casi ha vergogna e timore a
denunciare il suo disagio quotidiano e ripetuto; il bullo
invece si aspetta il consenso e frequentemente va fiero
delle sue azioni, non esitando a farne mostra.
La personalità del bullo
Si tratta di un soggetto scarsamente empatico, con una forte
motivazione al dominio ed alla prevaricazione. È percepito
come una persona aggressiva e spavalda, che provoca
intenzionalmente sofferenza nell’altro e non ne prova
compassione, anzi ne può essere divertito. Provoca, sembra
non aver paura di nulla, è litigioso e sottostà
difficilmente alle regole. Mette in atto comportamenti
ostili e svalutanti, picchia, sputa, insulta, istiga, ruba.
Mette in discussione le autorità, che siano i genitori o gli
insegnanti.
Alle volte si può pensare che sia
l’insicurezza a portare a questo tipo di condotte, ma non è
così. Il “bullo” ha un alto livello di autostima, si sente
forte, superiore agli altri.
È un ragazzo sveglio che
riesce negli sport e nelle attività di gruppo. Generalmente
ha un rendimento scolastico sufficiente, che tuttavia può
abbassarsi nel tempo. Non sopporta le frustrazioni ed ha
notevoli abilità manipolatorie, che denotano una certa
intelligenza e intuizioni sulle relazioni interpersonali.
Nel tempo, il comportamento aggressivo e prevaricatore
di questi soggetti può sfociare in altri tipi di condotta
problematica, come l’alcoolismo, la criminalità, l’abuso di
sostanze, una personalità antisociale.
La personalità della vittima del bullismo
Esistono alcune caratteristiche
maggiormente presenti nei ragazzi vittime di bullismo:
-si tratta di individui con una personalità più debole della
media dei coetanei e del bullo in particolare;
-possono
essere ansiosi, insicuri, sensibili, prudenti, tranquilli e
fragili;
-non mettono in atto comportamenti assertivi,
sono contrari alla violenza ed impossibilitati a difendersi;
-possono avere una bassa autostima;
-possono essere
esclusi dal gruppo di pari e ricercare protezione negli
adulti;
-il rendimento scolastico tende a peggiorare
nella scuola media;
-spesso non eccellono negli sport e
possono aver paura di farsi male;
-non parlano a nessuno
di quello che subiscono perché si auto-colpevolizzano, per
vergogna o perché hanno paura delle ripercussioni da parte
del persecutore;
-possono appartenere ad una minoranza
etnica o religiosa.
Sempre più frequenti, sia tra i maschi che tra le
femmine, sono i casi in cui la vittima o le vittime di
bullismo possiedono delle caratteristiche fisiche o di
personalità o di staus sociale desiderabili da parte del
bullo e per questo, sulla spinta di invidia e frustrazione,
il bullo attacca quest'altra tipologia di bersagli.
Una volta diventato oggetto di molestie, il ragazzino eletto
a vittima, probabilmente verrà infastidito anche dagli altri
compagni, perché ritenuto facile bersaglio, questo
rinforzerà il comportamento del bullo che non proverà sensi
di colpa nei suoi riguardi.
Esiste una particolare
sotto-categoria di vittima definita della “vittima
provocatrice”. In questi casi i comportamenti aggressivi
sono provocati attivamente dalla vittima che incarna in sé
un doppio ruolo contrastante: agisce e subisce le prepotenze
come se fosse contemporaneamente un bullo ed una vittima.
Egli manifesta una combinazione di atteggiamenti ansiosi e
aggressivi, può essere iperattivo, inquieto e offensivo,
tende a controbattere e ha la tendenza a prevaricare i
compagni più deboli.
Rispetto alla stabilità nel tempo
dei comportamenti rilevati, sembra che una volta che
persecutori e vittime si siano insediati nel proprio ruolo,
non riescano più ad uscirne e continuino a recitare la
stessa parte, pena la perdita della propria identità.
Le conseguenze del bullismo
Questo stile comportamentale
produce effetti che si protraggono nel tempo tanto per chi
agisce che per chi subisce prepotenze.
- I bulli
assistono spesso al calo proprio rendimento scolastico,
possono soffrire di disturbi della condotta per non saper
rispettare le regole e avere difficoltà relazionali. Nel
tempo possono subire ripetute bocciature, fare propri
comportamenti devianti ed antisociali come crimini, furti ed
atti di vandalismo, diventare aggressivi in famiglia o sul
lavoro.
- Le vittime possono lamentare sintomi fisici
senza che sia presente una reale causa organica, sintomi
psicologici come disturbi del sonno, incubi ed attacchi
d’ansia, problemi di concentrazione ed apprendimento, calo
del rendimento scolastico, disturbi alimentari, rifiuto
scolastico e svalutazione della propria identità.
A
lungo termine possono andare incontro a vere e proprie
depressioni, comportamenti autodistruttivi, abbandono
scolastico, insicurezza, disturbi ansia (oltre ad attacchi
d’ansia), problemi nell’adattamento socio-affettivo, ritiro
sociale e isolamento.
- “Gli amici del bullo”: i bulli
gregari sono ragazzi che ricercano un proprio ruolo, tentano
di affermare la propria identità attraverso l’ “amicizia”
con il più “forte”. La loro natura è quella di seguaci:
rispetto al loro leader risultano più ansiosi, insicuri e
poco popolari. Sono ragazzi facilmente plasmabili e spesso,
anche di fronte alla percezione di stare per commettere
un’ingiustizia o un sopruso grave, non sanno tirarsi
indietro e obbediscono agli ordini del “capo” o all’onda
emotiva del gruppo. Spesso sono più inconsapevoli del leader
rispetto alle conseguenze delle proprie azioni.
Come contrastare il bullismo
I ragazzi diversi, come per
esempio quelli un po’ sovrappeso o occhialuti, finiscono il
più delle volte ad attribuire alla propria condizione fisica
la responsabilità di ciò che avviene e a rivolgere verso se
stessi la propria rabbia.
Sembra infatti che nella loro
percezione della situazione, esista un pensiero sottostante:
“Sono diverso, è per questo che mi merito quello che mi sta
capitando!”.
Il messaggio che è importante trasmettere a
questi ragazzi è che non c’è niente che non vada in loro e
che alcune condotte prevaricanti sono sempre da condannare,
indipendentemente dalle caratteristiche fisiche o
psicologiche di chi ne è vittima.
Per combattere questo
allarmante fenomeno, è fondamentale intervenire precocemente
finché sussistono le condizioni per modificare gli
atteggiamenti inadeguati. Tutti gli adulti di riferimento
possono avere l’autorità e le competenze per poter fare
qualcosa per prevenire e contrastate il bullismo, in
particolare genitori ed insegnanti.
Gli insegnanti
possono pianificare interventi preventivi sul gruppo classe
con il fine di promuovere e favorire la mentalità del
rispetto e della solidarietà fra i ragazzi. Possono
collaborare con le famiglie per individuare i segnali più o
meno sommersi che i ragazzi manifestano.
Punire il bullo
e iperproteggere la vittima non sembra dare risultati
positivi duraturi e rischia di etichettare i ragazzi; in
questi casi è consigliabile dare rinforzi positivi rispetto
al buon comportamento degli alunni, responsabilizzare la
vittima ed aiutare il bullo nel cambiamento facendogli
capire che quello che si condanna non è lui ma il suo
comportamento.
I genitori, d‘altro canto, hanno un
ruolo determinante nel poter prestare attenzione ai
campanelli d’allarme poiché tale problematica difficilmente
viene esplicitata dai ragazzi: le vittime del fenomeno sono
spesso reticenti a parlare di quanto succede loro a causa
della paura , del giudizio o della vergogna.
Bullismo e campanelli d'allarme
Sono molteplici i dettagli che svelano la condizione di
vittima di un bambino/ragazzo. È possibile che
la
vittima:
- Torni a casa con i vestiti stracciati o
sgualciti, oppure con i propri oggetti personali rovinati;
- Abbia lividi, ferite, tagli o graffi che non sa spiegare;
- Non porti mai a casa compagni di classe e non li frequenti
oltre l’orario scolastico;
- Sia riluttante ad andare a
scuola (anche adducendo mal di stomaco, mal di testa etc.);
- Dorma male e/o faccia brutti sogni o manifesti altri
disturbi del sonno;
- Diminuisca il rendimento scolastico
o manifesti fobia scolastica;
- Abbia frequenti sbalzi
d’umore; sia molto tesa, piagnucolosa e triste dopo la
scuola;
- Chieda o rubi denaro
- Preferisca la
compagnia degli adulti mostrando un attaccamento quasi
morboso che a volte può sfociare in ansia da separazione.
Il bullo invece potrebbe riproporre il proprio stile
relazionale aggressivo anche in altri contesti:
- Potrebbe
prendere in giro in maniera ripetuta o pesante le persone
che frequenta indistintamente;
- Potrebbe essere portato a
rimproverare, intimidire, minacciare, comportarsi in modo
aggressivo e sfidante;
- Potrebbe essere portato a
danneggiare oggetti.
- Una volta riconosciuto il problema,
i genitori possono lavorare per favorire il dialogo senza
atteggiamenti colpevolizzanti e/o punitivi, comunicare
costantemente con la scuola, prestare attenzione ai vissuti
emotivi del proprio figlio. Sarà importante incoraggiare il
ragazzo a sviluppare le proprie caratteristiche positive e
le sue abilità, stimolandolo a stabilire relazioni con i
coetanei senza isolarsi.
La psicoterapia nei casi di bullismo
Il contesto terapeutico più idoneo, in questi casi, è la
psicoterapia familiare. Gli obiettivi di tale intervento si
concentrano in diverse direzioni, in particolare il lavoro è
orientato a sostenere i genitori nell’aiutare i propri figli
in questo particolare momento della loro crescita;
l’immagine di sé del ragazzo in questi casi può non
corrispondere alla realtà: come in uno specchio deformante,
il ragazzo può vedersi più o meno forte, efficace o degno di
stima.
I genitori potrebbero lavorare nella direzione di
una valorizzazione della sua immagine affinché egli si renda
conto che la "percezione del proprio Sé", come debole e poco
amabile, può non combaciare del tutto con la "reale
condizione del proprio Sé", forse più adeguato e
apprezzabile di quanto egli pensi. Inoltre i ragazzi tendono
ad utilizzare i genitori come modello di riferimento quindi,
grazie all’intervento dei genitori come risorsa terapeutica,
è possibile fornire modelli di comportamento più funzionali,
soprattutto rispetto ad una buona gestione dei conflitti.
a lavorare sul riconoscimento delle emozioni proprie ed
altrui: poiché sia nelle vittime che nei prevaricatori
sembra esserci una difficoltà nel distinguere le emozioni.
- Per le vittime, ad esempio, è difficile riconoscere gli
specifici segnali emotivi relativi alla rabbia; da un lato
tali difficoltà potrebbero impedire al bambino di
riconoscere l'interlocutore come potenziale aggressore e
quindi di difendersi e, dall’altro, non leggere tale
emozione nella persona che si ha davanti, potrebbe favorire
l’utilizzo di modalità relazionali che finiscono con il
provocarla ulteriormente in modo involontario.
- Per i
bulli, invece, si riscontra una certa difficoltà nel
riconoscimento delle emozioni, soprattutto per quanto
riguarda la felicità. Sembra che essi non siano facilitati
nel provare empatia, ovvero nel mettersi nei panni
dell'altro e riconoscerne gli stati d'animo.
In terapia
si può favorire il riconoscimento di tali emozioni, in
particolare della rabbia propria ed altrui, e nuove modalità
per esprimerle.
Bisogna aiutare il ragazzo vittima
di prevaricazioni ad elaborare i propri vissuti aiutandolo a
raccontare con chiarezza, fermezza e senza timore le
situazioni di cui è stato protagonista, recuperando il
controllo della situazione, imparando a proteggersi da solo,
riacquistando la fiducia in sé stesso, superando i
sentimenti di vergogna, frustrazione ed impotenza che, se
espressi e condivisi con altre persone in grado di
accogliere e comprendere, possono liberare il malcapitato da
un grande peso .
I risultati di questo lavoro si
ripercuoteranno positivamente anche sull’autostima poiché un
contesto terapeutico attento, è in grado di aiutare il
ragazzo o la famiglia a trarre beneficio dalle esperienze
negative e spiacevoli, attraverso una nuova forza e nuove
risorse personali e incidere sui contesti di vita affinché
essi siano più rispondenti alle proprie esigenze.
NOTE: Il contenuto di questo articolo è protetto dal Diritto d'autore